Jatayu Earth's Center
ArcheoTour,  Curiosità

L’eroico Jatayu maestoso simbolo contro la violenza sulle donne

Carissimi i miei ArcheoTravelers, oggi vi porto alla scoperta di una particolare scultura indiana che si trova al Jatayu Earth’s Center e soprattutto alla leggenda legata al luogo e al personaggio che raffigura.

Nei giorni passati sul profilo Instagram ho fatto il repost di un bellissimo video avente come soggetto proprio quest’opera. Nelle storie e nel relativo post vi ho poi chiesto se volevate saperne qualcosa di più al riguardo… ed ora eccomi qui, come promesso, a raccontarvi la storia di questa enorme scultura che si erge proprio sulla vetta di una montagna.

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Jatayu Earth's Center

Nello Stato di Kerala, sulla costa sud-occidentale dell’India meridionale, c’è il Jatayu Earth’s Center, un parco naturale a tema roccioso, aperto dal 2018, realizzato grazie agli sforzi del dipartimento del turismo indiano e del regista e scultore Rajiv Anchal.

Questo particolare parco si caratterizza per la presenza della più grande scultura al mondo raffigurante un volatile. Eh, sì, avete intuito giusto, si tratta proprio dell’opera presente nel video di cui ho fatto il repost e pensate che ci sono voluti ben 10 anni per completarla.

Il soggetto della scultura, lunga 60, ampia 45 e alta oltre 20 metri, che arriva ad occupare 1.400 m2 di superficie, è Jatayu, la creatura alata che ha anche dato il nome al parco. Scopriamo meglio insieme di chi si tratta e la sua storia.

Jatayu Earth Centre and adventure park, foto ©Prakash Vis

Chi è Jatayu?

Jatayu è una figura mitologica della tradizione hindū e un personaggio del celebre poema epico Rāmāyaṇa, una delle più antiche e significative opere epiche induiste, il cui nucleo originario viene all’incirca fatto risalire al V-IV secolo a.C., e che ebbe una sua definitiva redazione solo nel II secolo d.C. Per intenderci, quest’opera rappresenta per gli hindū qualcosa di paragonabile a quello che per noi rappresentano le opere omeriche, come l’Iliade o l’Odissea.

Ritornando a Jatayu, se andiamo a vedere la genealogia di questo semidio dalla forma di avvoltoio o aquila, scopriamo che era figlio di Aruṇa e di sua moglie Shyeni, era inoltre il fratello dell’enorme aquila Sampāti, nonché nipote di Garuda, il divino capostipite della stirpe degli uccelli e vecchio amico di Dasharatha (il padre del dio Rāmā).

All’interno del Rāmāyaṇa, e più precisamente nel suo III kāṇḍa, lo Āraṇyakāṇḍa, possiamo leggere dell’atto eroico che lo vide protagonista e che rese immortale il suo ricordo.

Leggendo il testo facciamo la conoscenza del malvagio demone Rāvaṇa, un personaggio assai particolare alquanto arrogante ed aggressivo che non si fermava davanti a nulla pur di ottenere ciò che desidera, regni del mondo mortale, divino o degli inferi, ma anche e soprattutto donne, come si vedrà tra breve.

All’inizio del Rāmāyaṇa questo demone dominava tutto e tutti, si dice addirittura che fosse in grado di comandare il sorgere e il tramontare del sole. Tuttavia nonostante il suo atteggiamento arrogante, era comunque un sovrano benevolo con il suo popolo che grazie a lui non soffriva mai la fame e poteva vivere in un regno ricco e prospero.

Ma come vi accennavo, uno dei punti deboli di Rāvaṇa era proprio il gentil sesso. Aveva infatti diverse mogli, e manteneva anche un folto harem, composto proprio dalle donne che aveva fatto schiave durante le sue innumerevoli conquiste. Sappiamo inoltre che se una donna non cedeva alle sue lusinghe, lui la prendeva comunque con la forza.

Il fato volle che fu proprio l’incontro con due donne a segnare il suo destino e spoiler… la sua fine.

La prima fu una fanciulla di nome Vedavati, la quale si era ritirata in un remoto eremo a meditare e venerare il dio Vishnu, che desiderava incontrare e sposare (dovete sapere che costei era in realtà proprio l’incarnazione di Lakshmi, la sposa perduta di Vishnu). Fatto sta che Rāvaṇa rimase alquanto rapito dalla sua bellezza e purezza, se ne invaghì, ma lei freddamente ne rifiutò le attenzioni.

Rāvaṇa, dato il caratterino che lo contraddistingueva, ovviamente non accettò un no come risposta alle proprie avances, e la prese con la forza, rompendo in tal modo la castità della giovane e distruggendo così il sogno di lei di sposare l’amato dio Vishnu.

Come reazione alla violenza subita, la fanciulla si suicidò su una pira sacrificale, non prima però di giurare che sarebbe tornata per causare la morte del suo aguzzino. E così, credetemi fu.

L’altra donna che segnò in qualche modo il destino di Rāvaṇa fu una certa Rambha. Si trattava della consorte di Nalakuvara, uno dei figli di Kubera, fratellastro dello stesso Rāvaṇa. Nalakuvara purtroppo non riuscì ad evitare che la moglie venisse violata e lanciò pertanto sul demone una potente maledizione: se mai Rāvaṇa avesse preso ancora con la forza una donna, sarebbe morto.

Passato del tempo, secondo la leggenda, Vedavati rinacque come Sītā, sposa di Rāma (peraltro incarnazione a sua volta di Viṣṇu, in breve tutto si ripete). Anche in questa nuova vita, Rāvaṇa si invaghì nuovamente di lei. Preso dalla passione, la invitò ad unirsi a lui per divenire una delle sue mogli, ma Sītā rifiutò la proposta in modo assai sprezzante:

“Tu sciacallo (jambuka; si intende anche “uomo di infimo rango”) vuoi sedurre me inaccessibile (durlabhām) leonessa (siṃhīm )? Tu non puoi toccarmi come non si può toccare la luce del Sole (ādityasya prabhā yathā)”

Questo ovviamente scatenò l’ira del terribile demone che afferrò la donna trascinandola sul suo carro volante per portarla nel proprio regno, Laṅkā.

Ed è proprio in questo frangente che entrò in scena Jaṭāyu, il quale udite le richieste di aiuto di Sītā volò in suo soccorso, riuscendo a distruggere il carro, e facendo in tal modo precipitare i due sulla terra. Seguì un combattimento serrato tra il demone e l’aquila, e alla fine prevalse Rāvaṇa che impugnata la sua potente spada Chandrahasa, tagliò l’ala sinistra del semidio.

Jatayu, ferito e privo ormai di un’ala, riuscì ad atterrare in cima a una roccia, che con il passare del tempo, prese il nome Jatayupara, proprio il luogo in cui è stata realizzata la statua monumentale che lo raffigura.

Sconfitto il suo temibile ma anziano avversario, Rāvaṇa continuò il viaggio verso il suo regno, tenendo stretta a sé Sītā. Giunti a destinazione, Rāvaṇa segregò la dea in alcune stanze del suo palazzo, ponendola sotto la custodia di alcune rākṣasī (delle sorti di demoni donna). Successivamente tentò più volte di sedurla, ottenendo tutte le volte uno sdegnoso rifiuto. Ora ammettiamolo, fu solo grazie all’antica maledizione di Nalakuvara che Sītā riuscì a rimanere casta durante la sua lunga prigionia nel palazzo del demone.

Raja_Ravi_Varma,_Jatayu_vadha,_1906
Rāvaṇa taglia l'ala a Jaṭāyu (Raja Ravi Varma, 1848–1906), Pubblico dominio

Rāvaṇa in modo clemente, se così si può dire, decise allora di concedere a Sītā un anno di tempo per decidersi a prenderlo come marito, trascorso tale periodo, se avesse ancora rifiutato la sua offerta, l’avrebbe fatta a pezzi e cucinata per colazione.

Nel frattempo accortisi della sparizione, Rāma e suo fratello Lakṣmaṇa si misero subito alla ricerca della dea. Durante il loro peregrinare si imbattono dapprima nella devastazione generata dallo scontro tra Jaṭāyu e il demone Rāvaṇa, per poi individuare il corpo esanime dell’aquila.

Questi durante l’esalazione del suo ultimo respiro raccontò quanto era accaduto ai due fratelli e riuscì ad indicare a Rāma la direzione verso sud che i due avevano preso, confortandolo in tal modo sulla certezza di poter liberare la moglie rapita. Morto Jaṭāyu, i fratelli celebrano gli opportuni riti funebri all’eroica aquila e ripresero il cammino con più speranza nel cuore.

Giunti dopo altre avventure nel regno di Laṅkā, Rāma alla fine riuscì a sconfiggere Rāvaṇa e a ricongiungersi con la sua amata. Tutto e bene ciò che finisce bene. In realtà, più o meno, se siete interessati all’argomento fatemelo sapere e ve ne parlerò in un altro articolo dedicato proprio alla sventurata Sītā.

Sītā orribilata vede Rāvaṇa tagliare l'ala a Jaṭāyu (Raja Ravi Varma, 1848–1906), Pubblico dominio

La scultura di Jatayu

Come potete ora immaginare, l’opera che domina il Jatayu Earth’s Center è un vero e proprio tributo alla dedizione della leggendaria creatura alla sicurezza e all’onore delle donne.

Dagli scatti si può vedere come la scultura presenti una sorprendente attenzione per i dettagli, basta osservare la resa delle piume decorate e stratificate, veramente splendide.

Le enormi ali, poggiate a terra, permettono inoltre ai visitatori di camminare sulla figura e di arrampicarsi fin sulla sua testa. In realtà si può anche entrare al suo interno dove è ospitato un museo.

Non solo, ricollegandosi alla tradizione che vorrebbe Jatayu rifugiatosi in una grotta dopo la sua battaglia contro Rāvaṇa, è in costruzione un particolare resort rupestre e ayurvedico Siddha che offrirà cure ayurvediche abbinate ai racconti aventi come protagonista proprio Jatayu.

L’accesso al parco

Il parco si trova su una collina nel distretto di Kollam in Kerala. Se siete interessati ad andarlo a visitare, dovete sapere che l’accesso è possibile previo pagamento di un biglietto e che non è richiesto alcun trasporto particolare per entrarvi, tranne l’impiego di una funivia atta a raggiungerne la cima.

Durante la visita è possibile portarsi dietro le macchine fotografiche, con le quali si può immortalare lo straordinario paesaggio quanto l’altrettanto straordinaria scultura, ma ricordate che non sono ammessi i bagagli, i quali devono essere riposti in appositi armadietti.

Jatayu Earth Centre and adventure park, foto ©Athul Nair
Tempio, Jatayu Earth Centre and adventure park

Una riflessione

Una targa all’esterno del museo rende omaggio al caduto Jatayu. Si tratta nello specifico di una poesia tradotta da K. Jayakumar e dedicata da Pinarayi Vijayan, il Primo Ministro del Kerala:

“Rimani in cima a questa collina per un po’ in contemplazione.
Qui è dove è caduto Jatayu
Cercando di bloccare con gli artigli e il becco
Lo gnomo alieno che ha catturato con l’inganno
La perla inestimabile di una figlia
Nata dal solco dell’aratro della cara terra
E fuggendo verso un’altra costa.
Colui che crede di essere suo diritto
Per possedere anche la ninfa celeste che brama.

Qui è dove la spada del nemico
Ha tagliato l’ala di Jatayu.
Il punto che ha accettato quel flusso sanguigno che scorre
Come una madre singhiozzante che accetta il figlio martirizzato.
Questo posto ha ricevuto quel volatile
Che volava sbattendo un’ala sola
Scendendo come una bandiera sull’albero maestro
Dell’orgoglio di questo Paese.

Non è questo il vento che soffia qui
Cantare quel racconto?
Non tutti i granelli di sabbia qui
Ricordano quella saga?

Mentre siamo su questa collina
A capo chino
In memoria di quel volatile
che si sacrificò come un’offerta di fiori,
Noi davvero ci perdiamo nell’immortalità dalla morte”

Jatayu è l’incarnazione del valore e della cavalleria. Rischiando la propria vita, ha fatto del suo meglio per salvare Sītā dal suo rapitore. Per tale motivo, la scultura si erge come un imponente tributo alla sicurezza e all’onore delle donne.

Allo stesso tempo Jatayu rappresenta anche un’era ormai passata, durante la quale umani, animali, uccelli e altre forme viventi si prendevano cura l’uno dell’altro pacificamente su questa Terra.

Jatayu Earth Centre and adventure park, foto ©dna

Nelle parole di Rajiv Anchal, questo simbolismo ha una grande rilevanza nello scenario sociale odierno poiché il tasso di criminalità contro le donne è ancora molto alto.

Con le parole presenti nella targa e ammirando lo splendido Jatayu di pietra, viene richiesto ad ogni ospite del Jatayu Earths Center di comprendere, emulare ed ispirarsi al significato interiore di questo antico atto leggendario.

Quest’opera, la leggenda a cui si ispira, il significato recondito insito nel personaggio mitico che rappresenta mi emoziona, non so voi.

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Formatesi presso l’Università degli Studi di Torino, dove ha conseguito la laurea triennale in Scienze dei Beni Culturali e la specialistica-magistrale in Storia del Patrimonio Archeologico e Storico-Artistico, si è specializzata all’Università degli Studi di Milano diplomandosi in Beni Archeologici. Libero professionista, si occupa di archeologia informatica e virtual heritage, allestimenti museali, grafica 2d e prodotti multimediali applicati ai Beni Culturali. Collabora con diversi enti pubblici e privati nell’ambito di progetti relativi la ricerca, valorizzazione, comunicazione e promozione dei Beni Culturali. Si occupa della creazione di percorsi culturali relativi all’intera Penisola italiana e dello sviluppo di contenuti (creazione di testi e produzione fotografica) per pubblicazioni cartacee e virtuali. Tra i suoi interessi di studio si hanno lo sviluppo di nuove tecniche e mezzi di comunicazione per la valorizzazione dei Beni Culturali e l’evoluzione della simbologia del potere tra Tardoantico e Altomedioevo.

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