Archeologia,  Scoperte

L’incredibile “Bonehenge” Russa

Misteriosa struttura dell'Era Glaciale realizzata con centinaia di ossa di mammut scoperte in Russia

Circa 25.000 anni fa, i cacciatori-raccoglitori impiegarono le ossa di 60 mammut per costruire una grande struttura circolare in Russia. Oggi un team di archeologi lo ha individuato e riportato alla luce.

La scoperta, ora pubblicata sulla rivista scientifica Antiquity è stata fatta nel 2014 nel complesso archeologico di Kostyonki-Borshchyovo, un esteso sito paleolitico che copre 30 chilometri quadrati sulla sponda occidentale del fiume Don, noto per la sua alta concentrazione di resti umani risalenti anche a 40 mila anni fa.

Fotografia scattata dal tetto del museo a luglio 2017, guardando a nord-ovest verso la terza struttura di ossa di mammut; le due scale visibili sono lunghe rispettivamente 5 e 6 m (fotografia di A.E. Dudin)

Negli ultimi anni, gli archeologi hanno ritrovato settanta di questi strani e surreali anelli ossei. Ma sinora non sono riusciti a darsi una spiegazione sull’origine e sul loro significato. Questo ritrovato a Kostenki pare essere tuttavia il più antico e affascinante.

“Kostenki 11 – il nome dato a questo cerchio di ossa – rappresenta una rara testimonianza dei cacciatori-raccoglitori paleolitici che vivevano in questo ambiente così difficile”

Osserva uno dei principali autori dello studio dello studio, Alexander J.E. Pryor, archeologo paleolitico del Department of Archaeology, University of Exeter, UK:

“Una possibilità è che i mammut e gli umani possano essersi riversati in massa in quest’area in cui si trovava una sorgente d’acqua che non si congelava neanche nei periodi di freddo estremo”.

Ma questo continua a non giustificare la loro creazione.

A Kostenki vennero trovati altri cerchi di questa tipologia: rispettivamente nel 1951, nel 1970 e nel 2014.  Quest’ultimo, studiato dall’Università di Exeter del Regno Unito, ha un diametro di 12,5 metri, si compone di 51 mandibole e 64 teschi di mammut, e le varie ossa che lo compongono si presentano ammucchiate a formare un muro spesso da uno a due metri, che si caratterizza per formare un cerchio continuo privo di un’entrata. Alex Pryor, spiega al riguardo:

“Non sappiamo quanto fosse alto il muro, anche se probabilmente non superava i 50 centimetri di altezza”.

Il cerchio possiede un’età di circa 20.000 anni, un dato che si è ottenuto grazie all’analisi al radiocarbonio delle ossa.

Sulla base delle scoperte precedenti, i ricercatori ritengono che siano state costruite a partire dal paleolitico. Se un tempo si pensava a un loro impiego come rifugio invernale, ad oggi tale proposta viene in parte abbandonata.

Costruire qualcosa di così massiccio utilizzando centinaia di ossa di mammut sicuramente richiese molto tempo. Si tratta di un fatto sorprendente, se si considera che le popolazioni di cacciatori-raccoglitori non trascorsero mai molto tempo in un luogo per via della loro nomadismo.

“Le ossa dei mammut sono molto pesanti e la costruzione della struttura circolare rappresenta un enorme investimento di tempo ed energia da parte degli esseri umani che l’hanno costruita”

Afferma Pryor.

Il metodo del 14C (carbonio-14), o del radiocarbonio, è un metodo di datazione radiometrica basato sulla misura delle abbondanze relative degli isotopi del carbonio.

Fu ideato e messo a punto tra il 1945 e il 1955 dal chimico statunitense Willard Frank Libby, che per questa scoperta ottenne il Premio Nobel nel 1960.

Il metodo del 14C permette di datare materiali di origine organica (ossa, legno, fibre tessili, semi, carboni di legno, …). Si tratta di una datazione assoluta ed è utilizzabile per materiali di età non più antica di 50.000 anni salvo casi particolari. La sua principale utilizzazione è in archeologia per datare i reperti costituiti da materia organica, quindi contenenti atomi di carbonio.

Particolare del cerchio di ossa di mammut (Crediti foto: Alexander J.E. Pryor)

In alcuni casi i cerchi di ossa di mammut sono stati interpretati come un sistema di appesantimento per i tetti in cuoio delle capanne, che una volta degradatisi sono caduti a terra mantenendo la forma originaria del tetto che è scomparso con il passare del tempo. Non è certamente il caso però del nuovo cerchio di ossa appena scoperto. Secondo Pryor infatti, lo spazio interno è così ampio che sarebbe difficile immaginare che sotto ci sia stato un tetto in cuoio.

“Nel museo di Kiev si è cercato di costruire una simile capanna, ma per sostenere un tetto così pesante si cono volute delle travi in acciaio”

Ha spiegato il ricercatore.

Insieme alle ossa di mammut il cerchio presenta anche resti di carbone, scaglie di roccia e resti di piante, forse materiali ed utensili utilizzati per la lavorazione degli animali stessi. Se così fosse il cerchio non sarebbe altro che una specie di discarica della lavorazione che avveniva all’interno.

“Abbiamo trovato pezzi di tessuto vegetale morbido che si trovano in genere in radici o tuberi commestibili, suggerendo un componente alimentare vegetale nella dieta delle persone”, ha detto Pryor. “Questi reperti sono importanti perché illustrano come i nostri antenati umani si sono adattati per sopravvivere agli ambienti difficili dell’ultima Era Glaciale facendo uso delle risorse che hanno trovato intorno a loro.”

Particolare del cerchio di ossa di mammut (Crediti foto: Alexander J.E. Pryor)

Grazie l’impiego, per la prima volta in siti di questo tipo, della tecnica della flottazione è stato possibile rilevare minuscoli pezzi di legno carbonizzato. Ciò dimostra come gli umani bruciassero legno all’interno di queste strutture, e suggerirebbe come in realtà questo fosse ancora una risorsa utilizzata dai cacciatori-raccoglitori durante l’Era Glaciale.

La presenza di tracce di legno combusto è alquanto rilevante e genera diversi interrogativi. Altre aree del Nord Europa hanno mostrato segni di abbandono durante quest’epoca e suggerirebbero che gli alberi fossero una risorsa rara e preziosa. Questo potrebbe essere uno dei motivi per cui fu scelto Kostenki, come nota infatti Pryor:

“Ciò dimostra che gli alberi erano ancora presenti nel paesaggio, nonostante le difficili condizioni climatiche del tempo”

La scoperta di questi frustoli ha naturalmente provocato diverse domande all’interno della comunità scientifica, in quanto fino ad ora si credeva che i cacciatori-raccoglitori costruissero queste strutture con ossa di mammut per via della mancanza di legno. Questa scoperta rende invece deliberata la scelta di tale inconsueto materiale. Ma ci si interroga ancora sul perché di tale scelta. Pryor infatti precisa:

La flottazione archeologica è una tecnica di laboratorio usata per recuperare piccoli manufatti e resti di piante da campioni di terreno. Inventata nel XX secolo, è ancora oggi uno dei metodi più utilizzati per recuperare elementi carbonizzati dai contesti archeologici.

La procedura prevede che in un grosso contenitore pieno d’acqua si versi il campione di terra; gli elementi organici, più leggeri, come semi e carbone (detta frazione leggera) vengono in superficie e possono essere recuperati con setacci dalle maglie finissime, mentre piccoli elementi di pietra, frammenti ossei e altri materiali relativamente pesanti (chiamato frazione pesante) rimangono sul fondo e possono essere anch’essi recuperati.

“Non è ancora chiaro se le ossa provengano da mammut recentemente cacciati e uccisi da esseri umani o se siano stati recuperati da carcasse di animali morti per cause naturali”

I ricercatori hanno in programma di indagare ulteriormente il sito, nella speranza di determinare lo scopo della struttura. Secondo alcuni difficilmente un cerchio tracciato in modo così preciso non avrebbe avuto alcun significato. E dunque potrebbe aver avuto un simbolismo rituale.

“Significava chiaramente qualcosa per loro e c’era molto probabilmente un elemento rituale, anche se alla fine la struttura aveva anche una sorta di scopo pratico”

Ha infatti precisato Pryor.

“Al momento – spiega Pryor – è impossibile determinarne il significato. Al momento preferiamo definirlo come un “monumento rituale”, la cui spiegazione è aperta ad ogni ipotesi. Qualcuno ipotizza che il gruppo che lo costruì voleva dimostrare ad altri gruppi l’abilità nella caccia, mettendo in evidenza ai rivali quanti mammut avevano ucciso. Ma è pura speculazione. La vera risposta è ancora un mistero. È stato ipotizzato che queste strutture servissero da fondamenta per delle sorte di case all’aperto, o di enormi braci che venivano utilizzati per scaldarsi, o ancora di un cimitero anche se «è improbabile che gli animali siano stati cacciati e uccisi appositamente per costruire la struttura»”.

In ogni caso:

“Questi ritrovamenti hanno gettato nuova luce sullo scopo di questi siti misteriosi –  aggiunge Pryor – L’archeologia ci sta mostrando come i nostri antenati sono sopravvissuti in questo ambiente così freddo e ostile al culmine dell’ultima Era Glaciale. La maggior parte degli altri posti a latitudini simili in Europa erano stati già abbandonati, ma questi gruppi sono riusciti ad adattarsi a trova cibo, riparo e acqua”.

L’articolo completo è stato pubblicato su «Antiquity» e lo si può leggere al seguente link:

The chronology and function of a new circular mammoth-bone structure at Kostenki 11

Un documentario interessante al riguardo lo potete vedere qui:

Formatesi presso l’Università degli Studi di Torino, dove ha conseguito la laurea triennale in Scienze dei Beni Culturali e la specialistica-magistrale in Storia del Patrimonio Archeologico e Storico-Artistico, si è specializzata all’Università degli Studi di Milano diplomandosi in Beni Archeologici. Libero professionista, si occupa di archeologia informatica e virtual heritage, allestimenti museali, grafica 2d e prodotti multimediali applicati ai Beni Culturali. Collabora con diversi enti pubblici e privati nell’ambito di progetti relativi la ricerca, valorizzazione, comunicazione e promozione dei Beni Culturali. Si occupa della creazione di percorsi culturali relativi all’intera Penisola italiana e dello sviluppo di contenuti (creazione di testi e produzione fotografica) per pubblicazioni cartacee e virtuali. Tra i suoi interessi di studio si hanno lo sviluppo di nuove tecniche e mezzi di comunicazione per la valorizzazione dei Beni Culturali e l’evoluzione della simbologia del potere tra Tardoantico e Altomedioevo.

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