Archeologia

I Barbari del Nord agli occhi dei Romani

Come venivano visti i famigerati “Barbari del Nord” agli occhi degli antichi Romani?

Interessante vedere come i Romani, anch’essi percepiti come barbari dagli antichi Greci, associarono tale termine prima ai Galli, poi in un secondo momento, quando questi si romanizzarono il termine passò alle popolazioni germaniche.

Nel frattempo gli stessi Romani vennero rappresentati su diverse opere pubbliche con un aspetto pressappoco “barbarico”. Significativi sono ad esempio le raffigurazioni presenti sulla Colonna Traiana. In queste è visibile una certa connessione tra i costumi barbarici che prevedevano  sacrifici umani e teste mozzate, e la raffigurazione dei soldati romani immortalati mentre sono intenti a realizzare decapitazioni di massa, o a combattere con le teste tagliate del nemico tenute strette tra i denti per i capelli, o ancora ad ornare le palizzate dei loro castra di teste mozzate. Di fronte a tali rappresentazioni ci si potrebbe quasi interrogare su chi fossero i veri barbari, i Romani o i Daci contro cui combattevano?

Particolare del fregio della Colonna Traiana, con la raffigurazione di due ausiliari intenti a mostrare all’Imperatore le due teste mozzate di importanti capi dei Daci.
Particolare del fregio della Colonna Traiana, con soldato che combatte tenendo tra i denti la testa decapitata di uno dei Daci.
Particolare del fregio della Colonna Traiana, dove si vedono delle teste di Daci impalate nei pressi dell’insediamento romano.

Con il tempo, il coraggio e la bellicosità, insieme alla lealtà personale, furono le qualità che resero questi “Barbari del Nord” dei mercenari ideali agli occhi dei Romani; e guardie del corpo barbare, Germani, insieme a Galli e ad Iberi furono ingaggiati da diversi “signori della guerra” di origine romana. Allo stesso modo molti di essi furono impiegati come gladiatori, un uso che li rese popolari, confermandone però la fama di barbari pericolosi. Non solo, con il tempo molti Germani entrarono a far parte delle truppe ausiliarie dell’esercito romano e in alcuni cari arrivarono a rivestire il ruolo di magister militum e di consoli.

Si assiste di conseguenza alla progressiva romanizzazione di questi popoli. I primi furono quelli, come si è già detto, di origine celtica – da cui ebbe origine la società gallo-romana -, e successivamente di quelli germanici che dopo il crollo dell’Impero Romano d’Occidente portarono alla formazione dei regni romano-barbarici.

Le fonti tardoantiche presentano questi Barbari attraverso il nuovo filtro creatosi dalla polemica tra paganesimo e cristianesimo e successivamente tra cristianesimo e arianesimo, sicché ne risulta spesso un giudizio discorde. Prevalse, specialmente dopo il sacco di Roma del 410 ad opera dei Visigoti guidati da Alarico dei Balti e la conquista dell’Italia con la deposizione del giovane imperatore Romolo Augusto del 476 da parte del re degli Eruli, Odoacre, un certo senso di disprezzo nei confronti di questi popoli. Un disprezzo al quale i Barbari rispondevano ribaltando le ingiurie con toni non meno aspri.

Tale astio non parve sparire se ancora secoli dopo, e precisamente nel X secolo, l’imperatore bizantino Niceforo II Foca apostrofò con:

“Vos non Romani, sed Langobardi estis [Voi non siete Romani, siete Longobardi]

il vescovo di Cremona Liutprando, che era stato inviato come ambasciatore alla corte bizantina dall’imperatore del Sacro Romano Impero Germanico, Ottone I, per combinare un matrimonio e dirimere il difficile contenzioso tra i due imperi, relativamente all’Italia meridionale. Al suo ritorno, il longobardo raccontò d’avere replicato come segue allo sprezzante ospite:

“Romulum fratricidam, ex quo et Romani dicti sunt, porniogenitum, hoc est ex adulterio natum, chronographia innotuit, asylumque sibi fecisse in quo alieni aeris debitores, fugitivos servos, homicidas ac pro reatibs suis morte dignos suscepit, multitudinemque quandam talium sibi ascivit, quos Romanos appellavit; ex qua nobilitate propagati sunt ipsi, quos vos kosmocratores, id est imperatores, appellatis. Quos nos, Langobardi, scilicet Saxones, Franci, Lotharingi, Bagoarii, Suevi, Burgundiones, tanto dedignamur [coloro che son detti Romani], ut inimicos nostros commoti nil aliud contumeliarum, nisi: Romane! dicamus, hoc solo, id est Romanorum nomine quicquid ignobilitatis, quicquid timiditatis, quicquid avaritiae, quicquid luxuriae, quicquid mendacii, immo quicquid vitiorum est, comprehendentes”. ‘Romano!’, quindi, per “nos Langobardi” [la storia ci ha fatto sapere che il fratricida Romolo, dal quale i Romani traggono il nome, era un pomiogenito, cioè nato da un adulterio, sappiamo anche che creò un luogo d’asilo e vi accolse i debitori insolventi, gli schiavi fuggitivi, gli omicidi… Da questa nobile stirpe discendono coloro che voi chiamate Cosmocrati, ossia imperatori. Noi, poi, e cioè i Longobardi, Sassoni, Franchi, Lotaringi, Bavari, Svevi, Borgognoni, li abbiamo in tanto sdegno che quando siamo in collera e dobbiamo dire qualcosa di offensivo ad un nostro nemico, gli gridiamo “tu sei Romano”, intendendo con questo appellativo di Romano tutto quanto vi è nel mondo di più ignobile, di più vile, di più avido, di più corrotto, di più falso, e in una parola, tutti i vizi esistenti…]

per cui il termine “Romano” veniva impiegato in senso dispregiativo in quanto raccoglieva in sé l’espressione di diversi vizi quali: ignobilità, pavidità, avarizia, lussuria, mendacio e così via.

Tuttavia la fusione di elementi romani e germanici è percepibile nella scelta di alcuni sovrani barbarici di rappresentarsi quali eredi dell’Impero romano d’Occidente, attraverso l’adozione di simboli di potere propri dell’ambito romano. È il caso ad esempio del re goto Teodorico, che cresciuto presso la corte imperiale di Bisanzio, scelse come sua ultima dimora un mausoleo che esteticamente si rifaceva alla tradizione dei mausolei imperiali tardo antichi ma che tuttavia mostrava elementi decorativi “a tenaglia” propri dell’oreficeria gota.

Il mausoleo di Teodorico a Ravenna.

Un ulteriore emblematico esempio è rappresentato dall’anello sigillare rinvenuto a Tournai nella tomba del re dei Franchi Sali Childerico. Su questo si ha il nome del sovrano e la sua raffigurazione. Il re è rappresentato con elementi tipici della tradizione romana, quali la lorica e il paludamentum, accanto a questi si hanno tuttavia particolari propri dell’ambito germanico, infatti il sovrano presenta i capelli lunghi, un privilegio proprio della dinastia reale dei Salii, e la lancia, un tipico simbolo di potere presso i popoli germanici.

Riproduzione dell’anello sigillare di Childerico I, in D. Quast, Die Grabbeigaben – ein kommentierter,in Das Grab des fränkischen Königs Childerich in Tournai und die Anastasis Childerici von Jean-Jacques Chifflet aus dem Jahre 1655, a cura di Quast, p. 198.

Proprio da questo momento iniziò infatti una vera e propria fusione iconografica, politica e religiosa tra i Barbari del Nord e i Romani che porterà come già accennato alla formazione dei regni romano-barbarici e a un primo definirsi di quelli che in futuro diverranno gli stati europei.

 

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Formatesi presso l’Università degli Studi di Torino, dove ha conseguito la laurea triennale in Scienze dei Beni Culturali e la specialistica-magistrale in Storia del Patrimonio Archeologico e Storico-Artistico, si è specializzata all’Università degli Studi di Milano diplomandosi in Beni Archeologici. Libero professionista, si occupa di archeologia informatica e virtual heritage, allestimenti museali, grafica 2d e prodotti multimediali applicati ai Beni Culturali. Collabora con diversi enti pubblici e privati nell’ambito di progetti relativi la ricerca, valorizzazione, comunicazione e promozione dei Beni Culturali. Si occupa della creazione di percorsi culturali relativi all’intera Penisola italiana e dello sviluppo di contenuti (creazione di testi e produzione fotografica) per pubblicazioni cartacee e virtuali. Tra i suoi interessi di studio si hanno lo sviluppo di nuove tecniche e mezzi di comunicazione per la valorizzazione dei Beni Culturali e l’evoluzione della simbologia del potere tra Tardoantico e Altomedioevo.

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