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Le Grotte di Catullo a Sirmione (parte 1/2)

Gli sfarzi di un’antica villa romana

Con quale gioia e felicità ti rivedo
Sirmione, gioiello delle penisole e delle isole,
fra tutte quelle che il duplice Nettuno accoglie nei
chiari laghi e nei vasti mari!
A stento credo di aver lasciato la Tinia
e le terre bitinie e di rivederti fuori da ogni pericolo.
…Salve, o bella Sirmione, gioisci del tuo signore;
e gioite voi, o Lidie onde del lago:
risuonate, risate tutte della casa.

Caio Valerio Catullo

Con il termine “Grotte di Catullo” si indicano i resti di una sfarzosa villa romana risalente alla fine del I secolo a.C. e il I secolo d.C. posta in luce a Sirmione, in provincia di Brescia, sulla riva meridionale del Lago di Garda. Ad oggi risulta essere la testimonianza più importante risalente al periodo romano del bresciano ed è sicuramente l’esempio più imponente di villa residenziale romana di tutta l’Italia settentrionale.

La sua denominazione risale al XV secolo, momento in cui vennero riscoperte le liriche di Gaio Valerio Catullo (I secolo a.C.), e in particolar modo l’appellativo viene ricollegato al Carme 31, in cui il poeta di origine veronese descrive il suo ritorno nell’amata casa di Sirmione. All’epoca erano infatti visibili gli spettacolari resti della villa, benché in parte interrati e coperti da vegetazione, che agli occhi dei contemporanei sembravano delle grotte. Tale associazione pur dimostratasi inesatta, in quanto la villa venne costruita successivamente la morte di Catullo, ha dato il nome al sito.

Il complesso archeologico è situato in una posizione panoramica straordinaria, sulla punta estrema della penisola di Sirmione, sovrasta dall’alto dello sperone roccioso l’intero bacino del Lago di Garda.

La villa occupa un’area alquanto estesa di circa 2 ettari ed è circondata da un oliveto storico che si compone di oltre 1500 piante.

Chi fosse interessato a visitare l’affascinante sito deve sapere che dal 1999 all’interno dell’area è stato aperto il Museo archeologico di Sirmione, che espone al suo interno i reperti provenienti dalla penisola e da alcuni siti del basso Garda.

La villa romana

I primi scavi con finalità scientifiche del sito si fanno risalire alla metà dell’Ottocento ma, solo dopo l’acquisizione pubblica dell’area fra il 1947 e il 1949, furono svolte le prime vere dettagliate ricerche che portarono alla pubblicazione nel 1956 di una prima guida dell’intero complesso, correttamente interpretato come una sontuosa villa romana.

Le indagini più recenti hanno permesso di delineare la cronologia della villa, costruita in età augustea (ultimi decenni del I secolo a.C.- inizi I secolo d.C.) ed abbandonata nel corso del III secolo d.C., confermando che la costruzione attualmente visibile fu realizzata con un progetto unitario che ne definì l’orientamento e la distribuzione degli spazi, secondo determinati criteri di assialità e simmetria.

Particolare dell’area archeologica – Foto di ©Lorena Cannizzaro

Un sondaggio nel settore meridionale della villa ha inoltre accertato l’esistenza di alcuni vani relativi ad un edificio antecedente la grande villa, intenzionalmente abbandonato e demolito a livello delle fondazioni al momento della nuova costruzione.

La struttura ha pianta rettangolare (167 x 105 metri) con due avancorpi sui lati brevi nord e sud, si sviluppava su tre piani. Per superare l’inclinazione del banco roccioso su cui fu impostato l’edificio vennero realizzate grandi opere di sostegno nella parte settentrionale e furono creati rilevanti tagli per modellare il banco roccioso. Questi ultimi risultano ancora ben visibili sul lato ovest in cui è presente il criptoportico e sul lato orientale dell’avancorpo settentrionale.

Particolare dell’area archeologica – Foto di ©Lorena Cannizzaro

Il piano nobile, corrispondente agli ambienti di abitazione del proprietario, risulta ad oggi quello più danneggiato, in quanto era il più esposto e perché la villa, dopo il suo abbandono, venne impiegata per secoli come una cava di materiali. Meglio conservati risultano invece il piano intermedio e quello inferiore.

L’ingresso principale dell’edificio era collocato a sud, verso la terraferma, e permetteva l’accesso al piano superiore residenziale, il quale era anche dotato di un settore termale munito di piscina. Allo stesso livello, lungo i lati lunghi, si sviluppavano lungo i lati est e ovest, loggiati e terrazze scoperte verso il lago, comunicanti a nord con un’ampia terrazza panoramica protesa sull’acqua, avente un velarium, una copertura mobile in tessuto composta da più teli.

Particolare dell’area archeologica – Foto di ©Lorena Cannizzaro

Un sistema di rampe e di scale permetteva di scendere ai piani inferiori, i quali erano per lo più destinati ad ambienti di servizio, e di accedere alla spiaggia posta sulla punta più estrema della penisola.

Il lato lungo occidentale del piano intermedio era occupano dal grande criptoportico, dal greco criptos (nascosto) e dal latino porticus (portico), una estesa passeggiata un tempo coperta, ricavato in larga parte scavando il banco roccioso naturale, che permetteva ai proprietari e ospiti della sontuosa villa di dedicarsi a piacevoli passeggiate durante le giornate di maltempo o permetteva di evitate la calura delle giornate estive.

Particolare dell’area archeologica – Foto di ©Lorena Cannizzaro

Le parti residenziali dell’edificio erano situate nelle zone nord e sud, mentre la parte centrale, che attualmente ospita un oliveto, era occupata da un grande spazio aperto rettangolare di circa 4000 mq. Al suo interno si trovava il giardino, circondato sui lati da un porticato e suddiviso internamente da vialetti ed aiuole, come lascerebbero ipotizzare alcune pitture parietali di età romana giunte fino a noi. Sul lato meridionale, sotto un pavimento in opus spicatum, un tipo di paramento costituito da laterizi collocati di taglio secondo la disposizione a lisca di pesce o a spiga di grano, si trova infine una grande cisterna lunga quasi 43 metri, che aveva il compito di raccogliere l’acqua necessaria per gli usi quotidiani.

Dopo l’abbandono dell’edificio nel III secolo d.C., il sito si presentava ormai in rovina, tuttavia in virtù della sua collocazione strategica e del suo ruolo di punto di controllo visivo di gran parte del Lago di Garda, fu inserito nella struttura difensiva che andava a circondare la penisola (fine IV-inizi V secolo d.C.). E proprio a partire da questo periodo, le rovine della villa iniziarono ad ospitare anche una necropoli.

Formatesi presso l’Università degli Studi di Torino, dove ha conseguito la laurea triennale in Scienze dei Beni Culturali e la specialistica-magistrale in Storia del Patrimonio Archeologico e Storico-Artistico, si è specializzata all’Università degli Studi di Milano diplomandosi in Beni Archeologici. Libero professionista, si occupa di archeologia informatica e virtual heritage, allestimenti museali, grafica 2d e prodotti multimediali applicati ai Beni Culturali. Collabora con diversi enti pubblici e privati nell’ambito di progetti relativi la ricerca, valorizzazione, comunicazione e promozione dei Beni Culturali. Si occupa della creazione di percorsi culturali relativi all’intera Penisola italiana e dello sviluppo di contenuti (creazione di testi e produzione fotografica) per pubblicazioni cartacee e virtuali. Tra i suoi interessi di studio si hanno lo sviluppo di nuove tecniche e mezzi di comunicazione per la valorizzazione dei Beni Culturali e l’evoluzione della simbologia del potere tra Tardoantico e Altomedioevo.

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